Salvatore Tripodi

Anche questa è una notizia che non avrei mai voluto leggere!

Chiara, morta dopo la cena al ristorante: choc anafilattico

Pisa, la 24enne era gravemente allergica. Nel locale la conoscevano e lei si sentiva al sicuro. Non poteva ingerire alimenti dove fossero presenti latte e uova o derivati

Dai dati riportati dai giornali sembra che la ragazza fosse gravemente allergica al latte ed all’uovo e relativi derivati, ma all’agriturismo dove era solita andare lo sapevano bene e stavano molto attenti ai cibi preparati per lei.

Sapeva di essere un’allergica severa a tali alimenti, ed aveva sempre l’adrenalina auto iniettabile con sé, purtroppo questo non sempre è sufficiente.

Riporto dal Corriere.it: “I primi sintomi della crisi la 24enne non li ha accusati a tavola ma sulla via del ritorno, in auto sulla quale viaggiava insieme al fidanzato e a un’altra coppia di amici. «Fermatevi, sto male», ha detto la giovane. L’auto si è fermata davanti alla stazione di La Rotta, una piccola frazione di Pontedera. Chiara ha tirato fuori il kit con la siringa e l’adrenalina, mentre il cuore le batteva sempre più forte e il respiro si era trasformato in un disperato ansimare. L’iniezione, la speranza di tornare a respirare, poi la crisi finale.”

Quali sono le considerazioni che mi vengono leggendo questa tristissima notizia?

  • E’ fondamentale che pazienti con severa allergia alimentare siano seguiti presso centri specialistici, non solo ai fini della diagnosi che spesso richiede l’effettuazione del Test di Provocazione Orale (TPO),  ma soprattutto per il monitoraggio del paziente e per la prescrizione dell’adrenalina autoiniettabile (AA) mono-uso che è l’unico farmaco salvavita (purtroppo salvo eccezioni).
  •  Spesso purtroppo l’AA o non viene prescritta o, se prescritta, il paziente non la porta sempre con sè, come dimostrato anche da alcuni recenti articoli (vedi sotto).

Reazioni allergiche a punture di insetto in lavoratori forestali: un’esperienza italiana

La metà degli adulti con allergie non porta con sé l’autoiniettore di adrenalina

  • Molti pazienti, e, purtroppo, molti medici sono convinti che una reazione anafilattica (per inciso si scrive shock e non choc e si pronuncia “scioc”) sono convinti che in tal caso il primo farmaco da dare sia il cortisone. In realtà i cortisonici, qualunque sia la via di somministrazione, anche i.m. o e.v., richiedono almeno 30-60 minuti per esplicare la loro attività.
  • Nel caso riportato alcuni giornali hanno riferito che ci sono stati dei problemi al momento della sua somministrazione (ago piegato, ecc), ovviamente tutte cose da verificare. 
  • Ma quello che è certo, ed è mia esperienza quotidiana dato che seguo molti pazienti con severa anafilassi alimentare, è che è FONDAMENTALE verificare ogni volta che il paziente e/o i genitori abbiano ben compreso e memorizzato quando usare l’AA e come usarla, a tal fine utilizzando anche dei simulatori senza ago. E vi assicuro che nonostante questi continui richiami spesso e volentieri ci sono degli errori nell’esecuzione: e questo in situazione di test senza alcuno stress per una crisi reale in corso!

A benefico di tutti riporto il link a due video in italiano su come si usa l’AA per i  modelli disponibili attualmente in Italia.

Fastjekt 

 

 

Chenpen

 

 

 

Da sottolineare che per il modello Chenpen, a differenza del Jext e del Fastjekt, c’è un pulsante da premere per far scattare l’ago !!

Questo è invece il link alla versione inglese (l’unica disponibile) per il modello Jext

 Jext

 

 

Ma riporto anche il link alle istruzioni in italiano sul suo uso.

Jext 

  • E’ opportuno, come anche codificato dalle ultime linee guida in merito, che il paziente abbia con sé DUE AA, perché se la reazione non viene controllata da una sola dose, a distanza di 5 minuti può e deve essere somministrata una seconda dose.

Nel caso di Chiara, da quanto si legge, sembra che questa seconda dose non fosse disponibile.

  • Infine, un’altra osservazione importante relativa ad una possibile soluzione preventiva di queste gravissime situazioni che, non conoscendo affatto la storia di Chiara, non so se è stata tentata o meno.

Nei pazienti con allergia alimentare, specie ad allergeni rilevanti e frequenti nella dieta, proprio come il latte ed uova, alcuni  centri allergologici, compreso il mio, da tempo praticano la SOTI (Specific Oral Tolerance Induction, cioè l’induzione specifica di tolleranza orale) altrimenti chiamata con acronimo italiano DOPA (desensibilizzazione orale per alimenti).

Tale pratica consiste nella reintroduzione graduale, a casa e/o ospedale in Day-Hospital, dell’alimento cui il paziente è allergico nell’ottica di farglielo tollerare. Molte volte ci si riesce portandolo a dieta libera con un notevolissimo miglioramento della qualità della vita di tali pazienti e delle loro famiglie. Altre volte si riesce a far tollerare una dose inferiore a quella normale, ma che comunque garantisce al paziente di non reagire a piccole quantità anche nascoste.

Questo sarebbe stato, forse,  decisivo nel caso di Chiara.

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